Horms, 1934 – Roma, 1998
Come Franco Angeli e Tano Festa, Mario Schifano ha rappresentato un punto fondamentale per la Pop Art italiana.
Nato nella Libia italiana tornò a Roma dopo la fine della guerra. Incontrò l’arte la prima volta collaborando con suo padre che lavorava al museo etrusco di Villa Giulia come archeologo e restauratore. Accantonando presto questo suo primo approccio, inizia la sua produzione pittorica. Inizialmente è legato alla ricerca informale con tele fortemente materiche, esposte nella sua prima personale nel 1959 alla Galleria Appia Antica di Roma.
Alla fine degli anni cinquanta entrò a far parte del movimento artistico Scuola di Piazza del Popolo insieme ad artisti come Lo Savio, Rotella, Uncini, Fioroni, Festa e Angeli.
La sua ricerca artistica passa in questi anni dall’informale a quadri monocromi, ossia carte incollate su tele e ricoperte di un solo colore sgocciolante. Così il dipinto diventa spazio di un evento negato in cui in un secondo momento affiorarono lettere e frammenti della civiltà consumistica, come il marchio della Esso o della Coca – Cola, frutto dell’incontro con la Pop Art.
Nel 1961 ottiene il Premio Lissone per la sezione “Giovane pittura internazionale” e una personale alla Galleria La Tartaruga di Plinio De Martiis a Roma.
Nel 1962 si reca a New York dove frequenta Andy Warhol e la Factory. Tornato in Italia, nel 1964 partecipa alla XXXII Esposizione internazionale d’arte con i suoi “paesaggi Anemici”, una serie di tele in cui il mondo della natura viene raffigurato attraverso frammenti, particolari e scritte allusive.
Intorno agli anni Settanta, Schifano realizza una progressiva rivisitazione della storia dell’arte, producendo opere dedicate al Futurismo, ad artisti come Magritte, De Chirico, Cezanne. In questi anni inizia a sperimentare i suoi primi film che lo inseriscono all’interno del panorama del cinema sperimentale italiano.
Nel 1984 realizza il Ciclo della natura, composto da dieci grandi tele donate al Museo d’Arte Contemporanea di Gibellina, in provincia di Trapani.
Il suo ultimo periodo di produzione è particolarmente segnato dai media e dalla multimedialità, interrotto soltanto da alcuni cicli più prettamente pittorici. Appartengono a questo periodo infatti, dagli anni Settanta, le immagini televisive, decontestualizzate e portate su tela emulsionata, a testimonianza di un’immagine fatua, evanescente e di veloce consumo.